“BORN IN SOAVE… AT HOME” – CIERRE PUBLISHING, 2003
“GREEN LEAVES AND DRY LEAVES” – GUITAR RANCH EDITIONS 2016
“caffè amaro… quel certo sapore dei miei anni ’60” – cierre editrice, 2007
in questo volume ho voluto raccontare cos’ha significato vivere un’esperienza unica e irripetibile nell’italia musicale degli mitici anni ’60, attraverso la mia vita di ragazzino che a 16 anni ha cominciato a suonare la batteria, per arrivare a diventare a 18 appena compiuti il batterista di “dino e i kings”, e poi “i kings”; questo ragazzo si è trovato catapultato in un mondo del quale ancora oggi si favoleggia, spesso raccontandolo più con la fantasia che ancorati alla realtà; un mondo che comunque valeva la pena narrare con il massimo di onestà
Mi fa piacere riportare di seguito la prefazione che gigliola cinquetti ha voluto cortesemente scrivere, e che contribuisce non poco a dare una lettura retrospettiva di quel periodo:
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…Ma non è un tuffo nel passato.
Questa “foto ricordo” degli anni ’60 sotto forma di cavalcata veloce e tumultuosa, dopo la lentezza di un’infanzia targata anni ’50, è un tentativo di appropriazione che ha un approdo nel presente, nell’oggi. Gli occhi, il cuore, la mente hanno registrato perfettamente, tutto si è conservato intatto, scintillante, quasi nuovo, come se fosse accaduto qui ed ora.
Come se a viverlo, tanti anni fa, fosse stato qualcun altro (e in effetti era un altro!) e l’attore avesse atteso, per poterlo davvero attraversare, di raccontarcelo. Ora, e non prima.
Tutto incomincia con un disco di Neil Sedaka. Poco importa che il mio fosse The Diary e quello di Pierpaolo Stupid Cupid, e il vostro, magari, un altro titolo.
Tutti ne avevamo almeno uno. E per tutti l’elaborazione di “quella” giovinezza sarebbe stata lunghissima e complessa.
Forse perché siamo stati giovani proprio quando “i giovani” con le virgolette sono stati inventati. Il marketing ci ha scovato prima ancora di chiamarsi “marketing” e tutto il nostro destino è stato segnato da quel primo disco comprato a dieci, undici, dodici anni.
Fummo individuati e promossi “consumatori” sul campo. Per diventare dopo qualche anno, noi stessi, mito da consumare: il mito dei “giovani”. Una trappola affascinante. Una malìa struggente. Ma adesso basta. Siamo stati giovani abbastanza a lungo; è meglio tornare “consumatori”, consapevoli e intelligenti come lo eravamo a dodici anni. Credetemi, meglio consumare che essere consumato, meglio “vecchio signore” che “eterno ragazzo”, meglio caffè amaro che elisir di lunga vita.
Caro Pierpaolo, mi piace che tu abbia chiuso il tuo libro col sapore del caffè… No, il tuo libro non è un tuffo nel passato ma una riemersione, un risveglio.
Che ne dici se oltre al caffè ci pigliassimo un cornetto dolce? Anzi, visto che siamo a Verona, vorrei addirittura un crapfen; vero, croccante e pieno di deliziosa crema.
Gigliola
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